- 30 Dicembre, 2024
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Viaggi e Scoperte
Un caffè sul fondo dell’oceano
Che cosa c’è sul fondo dell’oceano Pacifico, lì dove nasce il pianeta? Quali forme di vita lo abitano, com’è il paesaggio, come ci si arriva?
Per farmi un’idea di questa esperienza, ho ascoltato Abissi. Diario dai fondali del Pacifico: un podcast di Donato Giovannelli e Francesca Buoninconti prodotto da Rai Radio 3 per RaiPlay Sound, un audio racconto d’avventura, compendio di fanta-scienza, navigazione, sopravvivenza e astrobiologia.
Incredibile pensare quanta acqua c’è sopra di noi in questo momento
Abissi deriva dal latino abyssus (dal greco ἄβυσσος) e significa senza fondo: una profondità incommensurabile, un luogo insondabile. Siamo abituati a pensare al mare tendenzialmente come alla sua superficie, ma è solo sotto l’acqua che possiamo scoprire un mondo a sé, ancora tutto da esplorare.
È proprio lì che si è spinto il protagonista di questa avventura. Donato Giovannelli è un microbiologo degli ambienti estremi, va a spasso in luoghi remoti – dalle Svalbard, all’altopiano della Puna, dall’Islanda alle Eolie – a studiare i batteri estremofili, microrganismi che proliferano in condizioni dove non sopravvive nessun’altra forma di vita: temperature altissime o gelide, salinità ai limiti della saturazione, ph super acidi o alcalini tra vulcani, oceani, sorgenti termali e ghiacciai.
Gli estremofili abitano la Terra da oltre tre miliardi di anni, e ci parlano del rapporto di coevoluzione che c’è tra la vita e il pianeta, un’interazione a due vie il cui studio ci permette di viaggiare in ere geologiche lontanissime e di intuire quali saranno i cambiamenti nel futuro. Anche l’antropocene e la crisi climatica sono fatti coevolutivi, l’ambiente è in costante trasformazione.
A dicembre del 2022, Donato parte da Napoli per andare in mezzo al Pacifico, 250 km al largo del Costa Rica, e scendere a 2500 m di profondità a bordo del sommergibile Alvin. È lì per studiare gli estremofili che vivono lungo la dorsale oceanica, una delle tappe più importanti e rischiose del suo progetto CoEvolve.
Uno splash nel giardino dell’Eden
Siamo a bordo della nave madre Atlantis, gigantesco laboratorio in mare aperto, sede di collaborazione scientifica internazionale tra geochimici, biologi e microbiologi da tutto il mondo. L’Atlantis, lunga più di 80 metri, è la nave di supporto del sommergibile Alvin, quello che nel ‘96 ha esplorato il relitto del Titanic. Dal ‘64 ha portato a termine più di 5000 immersioni e vissuto altrettante avventure, tra terremoti, incendi, affondamenti, attacchi da creature marine.
A bordo all’Alvin, nel ‘77, un team di scienziati ha scoperto i Black Smokers, mastodontici e fragili camini vulcanici sottomarini alti fino a 80 metri, che emettono un “fumo nero” di acqua calda ricchissima di minerali. Nessuno aveva mai visto le sorgenti termali profonde prima di allora: un ecosistema complesso e pieno di vita, che ha riscritto la biologia e la zoologia per come le conoscevamo.
Donato è qui per questo. A 2500 m di profondità, l’acqua dei camini idrotermali sul fondo dell’oceano è a 375° ma non bolle, e in queste condizioni è possibile prelevare campioni di fluidi.
Acquanauti
L’Alvin è una piccola balena bianca, una navicella spaziale grande poco più di un SUV, che copre il 95% degli oceani e può raggiungere i 6500 metri di profondità.
Chi ha la fortuna di partecipare a un’immersione passa circa 8-9 ore chiuso in una sfera di titanio di 2 m di diametro, uno spazio scomodo e gelido, strapieno di attrezzatura e tecnologia ma con 5 oblò su un mondo alieno.
Dopo lo splash nell’oceano il sommergibile si inabissa e inizia a scendere. Alcune decine di metri e il blu si fa denso, la luce del sole non filtra più, sotto i 220 m il buio oceanico è interrotto solo dal plancton bioluminescente che danza nell’acqua eccitato al passaggio dell’Alvin. Un viaggio interstellare, una pioggia verso l’alto di piccoli organismi luminosi. Sotto i 700 m è solo oscurità fredda e silenzio. La fase di discesa dura poco più di un’ora e poi si atterra su un altro pianeta.
A 2500 m di profondità, il fondale è una distesa di roccia lavica accartocciata su se stessa, dove il nero intenso del basalto riflette la luce in uno spettacolo fatto di vetro. E poi, la caldera sommitale: un enorme canyon che corre lungo le dorsali oceaniche, largo e profondo decine, centinaia di metri. È qui che nasce la Terra, il magma risale e crea nuova crosta terrestre, muove i continenti. Un posto magico: il pianeta che chiamiamo Terra nasce nell’acqua dell’oceano.
Eccolo il giardino dell’Eden: dagli oblò dell’Alvin si ammira la meraviglia dei black smokers, fatta di alte colonne, archi, ponti, strutture surreali che ospitano animali con forme e colori incredibili come i Riftia Pachyptila, vermi giganti a forma di tubo dal ciuffo rosso che sembrano fiori di 2 m, decine di pesci, granchi dalle chele pelose, alveari di Alvinella Pompejana e foreste di altri microrganismi.
Sotto tutta quest’acqua, in un buio mai visto prima, l’oceano ribolle di vita. Un mondo alieno eppure estremamente familiare, è così che lo descrive Donato. Dice che è la natura che fa questo effetto: risveglia la nostra attenzione e allo stesso tempo ci rilassa restituendoci un senso di connessione.
Il lavoro da fare qui è tanto ed è rischioso, il tempo corre prezioso. Mentre si raccolgono campioni di roccia e fluidi, si depositano sensori ed esperimenti, è già ora di risalire in superficie, ma non prima di un meritato caffè, seduti sul fondo dell’oceano.
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