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Gente di mare

The Last Sea Women: il documentario di Apple Tv sulle haenyeo di Jeju

“Sono una haenyeo, una donna del mare, noi haenyeo ci immergiamo nell’oceano e raccogliamo i prodotti del mare restando in apnea. Il nostro cibo proviene dall’oceano che ci avvolge come un abbraccio materno. Ma non si tratta solo di questo, fare la haenyeo è una vocazione. Noi siamo le guardiane del mare e proteggiamo l’oceano da centinaia di anni”.

Disponibile da ottobre 2024 su Apple Tv, prodotto da Malala Yousafzai in collaborazione con A24 e diretto da Sue Kim, The Last Sea Women è un documentario che racconta la vita delle ultime haenyeo, pescatrici subacquee della Corea del Sud; una storia incredibile di forza, perseveranza e amicizia.

Le donne mostrate, soprattutto quelle dell’isola di Jeju, sono donne davvero incredibili: sessantenni, ottantenni che tutti i giorni, da tutta la vita, si immergono insieme per raccogliere alghe, molluschi e altre forme di vita marina che poi rivendono per il loro mantenimento e quello della famiglia.

Le haenyeo si dedicano con abnegazione, alcune da più di cinquant’anni, ad un lavoro logorante e faticoso per il quale hanno però un rispetto e una devozione assoluta.

Equipaggiate con poco più che una maschera e una tuta, da secoli, hanno instaurato un rapporto armonico e di profonda cura reciproca con l’oceano, in una tradizione portata avanti da generazioni di madre in figlia.

Per svolgere questo compito utilizzano le mute da meno di quarant’anni, per anni non hanno avuto nemmeno le pinne, e tutt’ora scelgono di non usare bombole perché non vogliono che la loro pesca diventi più intensiva.

Prendono dal mare quello che riescono e quello che basta per mantenersi, facendo affidamento sulle proprie forze e sulla benevolenza delle acque. Non è solo una pratica economica: è un atto di simbiosi con il mare, ogni immersione è un patto silenzioso con l’oceano, un’offerta e una richiesta di sostentamento.

Nonostante siano state riconosciute nel 2016 come patrimonio orale e immateriale dell’umanità dall’UNESCO, le loro vite non sono esenti dalle difficoltà. L’avanzata della tecnologia e l’abbandono delle nuove generazioni stanno erodendo una tradizione millenaria. Le giovani donne di Jeju, attratte dalle opportunità urbane, raramente seguono le orme delle madri e delle nonne. Così, quello che era un pilastro della cultura locale rischia di dissolversi nel corso di pochi decenni.

Dagli anni ’60 infatti, in seguito a quello che viene considerato come il periodo d’oro delle haenyeo, la loro popolazione si è ridotta drasticamente: da 30.000 a sole 4.000 donne, perlopiù tra i 60 e gli 80 anni. La scuola per haenyeo, aperta quindici anni fa con il supporto dell’UNESCO, ha formato circa 840 persone, ma solo il 5% ha deciso di impegnarsi in questo mestiere.

Le motivazioni sono molteplici: la difficoltà del lavoro, il fatto di non essere davvero tutelate dallo Stato e non avere diritto a coperture assicurative o sussidi, i rischi per la salute, il cambiamento climatico che ha reso sempre più complicato pescare nelle zone conosciute e le ha costrette a spingersi oltre i propri limiti, esponendole a maggiori pericoli e, dal 2023, l’immissione delle acque di Fukushima nel mare in cui nuotano ogni giorno.

Il documentario tenta di raccontare queste donne nella loro interezza, il loro rapporto sincero e devoto verso il mare, il logorio al quale sono sottoposte per la necessità di continuare a lavorare anche in età avanzata, i legami di sorellanza schietta che le tengono unite.

La camera è sempre discreta, osserva, segue, cattura immagini stupende di haenyeo come sirene e momenti di scoramento. Queste donne appaiono immerse nelle loro attività, indifferenti alla presenza dell’obiettivo, permettendo così a chi guarda di immergersi nella loro quotidianità, vivendo accanto a loro i successi e le delusioni.

The Last Sea Women è un’esperienza incantevole e allo stesso tempo dolorosa: si assiste inermi alla lenta erosione di uno stile di vita, alla perdita di una tradizione secolare, di un mestiere difficile e di un mare pescoso e cristallino, con la consapevolezza amara di quanto c’era prima e di quanto non c’è più.

Verso la fine del documentario, le haenyeo intonano un canto: “Continuate a remare. Mi dicono che devo immergermi in una giornata senza sole e senza luna. Su un’isola lontana e solitaria, mangerò o morirò di fame? Mangerò o morirò di fame? Credo che mi immergerò. Remate, continuate a remare”.

Carico di melanconia e determinazione, parla della loro esistenza: un costante andare avanti, nonostante tutto.

Il documentario di Kim porta a riflettere sulla fragilità delle culture locali nell’era della globalizzazione. In un mondo sempre più uniforme, storie come quelle delle haenyeo ci ricordano l’importanza di preservare le diversità, non solo come memoria culturale, ma come monito per un futuro più sostenibile.

 

“L'oceano è casa nostra, non possiamo smettere di fare immersioni, abbiamo bisogno del mare.
Continuerò a farlo anche nella mia prossima vita.
Una donna anziana e il mare, per sempre”.

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Fonte: Shutterstock
Fonte: www.apple.com
Fonte: www.apple.com
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