
- 7 Febbraio, 2025
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Arte & cultura
Sanremo e il fascino del Festival sul mare
La città di Sanremo si prepara ad accogliere la 75a edizione del Festival della canzone. Chissà quale destino avranno i brani che debuttano sul palco dell’Ariston: sarà il mare della città, con le sue onde e il suo vento, il primo trampolino ad affacciarli al mondo.
“Della mia nascita d’oltremare conservo solo un complicato dato anagrafico (che nelle brevi note bio-bibliografiche sostituisco con quello più ‘vero': nato a Sanremo), (...) Sono cresciuto in una cittadina che era piuttosto diversa dal resto dell’Italia, ai tempi in cui ero bambino: Sanremo, a quel tempo ancora popolata di vecchi inglesi, granduchi russi, gente eccentrica e cosmopolita.”
Così Italo Calvino descriveva Sanremo, dove visse per vent’anni. A pensarci bene la città non è cambiata più di tanto. Sin dalla fine dell’Ottocento è st
ata meta di un turismo d’élite con i suoi palazzi liberty, i giardini di Villa Ormond, l’affascinante Casinò, la curiosa Chiesa Russa Ortodossa e il Teatro Ariston.
Ed è proprio per il turismo che è nato il Festival della canzone italiana, con l’intento di accrescere il flusso di persone, rendere vivo il mare anche d’inverno.
Le origini della gara
Al suo esordio, il Festival di Sanremo venne considerato come una “grande evasione”. Era il dopoguerra e la gente sognava frivolezza e vita. La prima edizione andò in onda in radio nel 1951 e si tenne nel Salone delle feste del Casinò Municipale di Sanremo: dai suoi terrazzi la spiaggia Italo Calvino e l’orizzonte sul mare.
All’epoca solo tre erano i cantanti in gara ad alternarsi nell’esecuzione di venti canzoni: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano. Attorno a loro un pubblico seduto come in un café chantant cenava, tirava sù i calici, ascoltava i cantanti e si godeva la serata.
Quell’anno a vincere fu Nilla Pizzi, con il brano Grazie dei fior: un’ode alle rose, un’ode all’amore.
La prima emissione in televisione risale al 1955 ed è solo nel 1976 il Festival approda all’Ariston, l’iconico Teatro che per molti è da sempre il luogo e il simbolo della kermesse.
Il Festival si trasforma
Nel tempo la competizione ha preso diverse forme: dal 1984 viene introdotta la categoria delle Nuove Proposte e proprio in quegli anni, l’orchestra, oggi componente imprescindibile e acclamata dal pubblico, viene sostituita da basi musicali preregistrate e i cantanti si esibiscono in playback.
In questa breve parentesi, il Festival cessa di essere come lo chiamava De André “una gara di ugole (…) una competizione quasi sportiva, perché le corde vocali sono pur sempre dei muscoli”, e diventa qualcos’altro: uno show business, un palcoscenico di stile e chiacchiericci, un modello di riferimento per gran parte del paese.
E le tendenze che nascevano a Sanremo, salpavano dal mare della città per raggiungere tutta l’Italia.
La musica al centro della kermesse
Diverse sono state le proposte musicali ad alternarsi sul palcoscenico: dalla canzone leggera a titoli che recitavano temi socio-politici, dai cosiddetti “urlatori” degli anni ’60 (tra cui Mina) alle melodie sussurrate sottovoce.
Talmente tanto vario è stato il percorso del Festival che per alcuni anni ha visto gareggiare sul suo palco anche la musica oltremare con voci come quella di Cher, Françoise Hardy, Stevie Wonder, Dionne Warwick e Marianne Faithfull. Lasciata alle spalle questa breve esperienza cosmopolita, negli anni ’80 la gara ha cominciato a farsi sempre più italiana.
Sanremo nei nostri giorni: tra interpreti e canzoni
Oggi, in un mondo che corre più velocemente, la gara propone trenta cantati per edizione e per questo è facile dimenticare in fretta chi si è esibito l’anno prima e con quale canzone l’artista era in gara. Si sorvola su ritmi e melodie e la competizione si avvicina ad essere più una gara tra interpreti che un premio alla canzone più meritevole.
In bilico tra l’amarlo e il detestarlo, ciò che è certo è che Sanremo è un Festival di relazioni e le relazioni creano conflitti. Ci si chiede tuttora se è vecchio o contemporaneo, se occorre insistere nei tentativi di ripensarlo o se è più importante non dimenticare la cara e sicura tradizione.
Ma il conflitto non passa mai di moda, è il punto di partenza per una buona storia e finché il Festival starà su questo filo del rasoio, si porterà a casa il suo pubblico.
Cosa rimane invariato nel tempo
La kermesse ha saputo adattarsi alle necessità e al desiderio della sua audience ed è per questo che negli anni ha trasformato sia il suo canovaccio che i suoi contenuti.
C’è una cosa però che è rimasta invariata di questo spettacolo sin dagli anni ’50. All’epoca non tutti avevano la televisione in casa e le persone si ritrovavano nei bar per seguire l’evento. La musica leggera iniziava a scorrere nella cultura collettiva, veniva commentata e canticchiata, ottenendo una grande risonanza e un successo commerciale.
Tuttora rimane proprio questo: Sanremo è un evento che conserva uno spirito di collettività. Le famiglie, i gruppi di amici si siedono attorno a un tavolo per ascoltare e commentare i brani in gara.
Risponde a una necessità di alcuni di identificarsi come parte di qualcosa nel presente. In quei cinque giorni il Festival diventa un porto sicuro quanto provvisorio, e decorso quel tempo definito, se ne riparla l’anno dopo.
La musica custodita dal mare
Quel che è certo è che il vento proveniente dal mare della città afferra i suoni e i ritmi per condurli lontano, altrove. La musica si conserva e risuona negli abissi e crea connessioni capaci di protrarsi nel tempo.
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