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20 Nov 17:08

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Collaborazioni

Quattro chiacchiere nella Casetta dell’Artista

Da un progetto radicato nella condivisione e nella conversazione con altri artisti, nasce l’esplorazione eclettica del proprio slancio creativo, che passa dall’arte al design e alla moda. Siamo entrate nella Casetta dell’Artista, l’atelier multiforme di Giulia Sollai.

Esplorare e non aver paura di sbagliare: la ricetta di Giulia Sollai

Ci sono persone che sembrano sapere da sempre cosa vogliono fare, e come intendono farlo. Guidate dal proprio intuito e dalla propria sensibilità, sembrano sapere come orientarsi in questa selva di infinite possibilità. La loro consapevolezza è spesso legata a doppio filo alla propria creatività, che si manifesta con forza inequivocabile indicando spesso non solo la strada, ma anche i mezzi con cui percorrerla, siano pennelli, parole, o note musicali. È per questo forse che molti artisti sanno rievocare con esatta lucidità il momento in cui hanno visualizzato davanti a sé il percorso da intraprendere, ed è sempre bello ascoltarne il racconto.

È proprio questa la prima domanda che abbiamo fatto a Giulia Sollai, artista e illustratrice, che ha ideato nel 2014 il progetto La Casetta dell’Artista a Bologna, un atelier di pittura che si sdoppia in spazio espositivo e in salotto per conversazioni intorno all’arte, e che ha poi portato Giulia a decidere di puntare i riflettori su di sé e sulle proprie esplorazioni artistiche.

Giulia, raccontaci della prima volta in cui hai capito che disegnare era la tua vocazione, e che volevi farne una professione. È stato un preciso momento rivelatore, o una consapevolezza cresciuta poco per volta?

Sono cresciuta in mezzo all’artigianato di alto livello per via dell’attività della mia famiglia, acquisendo forse da molto presto un certo tipo di sensibilità. Fin da bambina ho sempre saputo che disegnare, creare, mi permetteva di esprimermi liberamente e quindi di stare. Molti componenti della mia famiglia, essendo artisti e artigiani, lo facevano. Grazie forse in primis a mio nonno materno (pittore) che mi spronava moltissimo ad incuriosirmi e ad imparare, ho capito già dalle scuole elementari che quello sarebbe diventato in qualche modo la mia vita. Per citare un momento per me molto importante, ricordo bene di quando mio nonno prese cavalletto, tavolozza e colori ad olio e mi portò con lui a dipingere in spiaggia.

Dici di più su come è nato il progetto della Casetta dell’Artista a Bologna.

È nato nel 2014 dall’esigenza di creare un ambiente eclettico artistico che mi rispecchiasse a 360 gradi, e dove poter esprimere liberamente molte delle mie passioni, e poterle condividere con altre persone partecipando con loro in salotto a dibattiti artistici, esposizioni  e altro, in una potente atmosfera di apertura e crescita. Dal 2014 include una casa-studio di pittura, un bed e breakfast, uno spazio espositivo per artisti e un luogo per eventi culturali legati all’arte e alla creatività. Nel corso degli anni si è poi trasformato e dalla pandemia in poi tutto cambia. Ho acquistato un appartamento più grande dei primi del ‘900 e ho ingrandito il mio studio di pittura, decidendo di investire tutto sul mio lavoro da artista più che concentrarmi sulla valorizzazione di altri artisti, come facevo prima. E così il mio lavoro è decollato.

Il tuo percorso ti ha portata nel tempo anche a collaborare con alcuni brand, creando illustrazioni e progetti ad hoc. Ad esempio come nel caso delle illustrazioni realizzate in collaborazione con Acqua dell’Elba quest’estate. Sono curiosa di sapere che rapporto hai tu con il mare. A Bologna, città di adozione che condividiamo, di mare non ce n’è, ma so che sei sarda! Che posto hanno il paesaggio e gli elementi nel tuo immaginario interiore?

Esatto, il mio approccio eclettico mi permette di declinare il mio stile personale in maniera differente in diversi settori, rendendo le opere funzionali a utilizzi differenti e mirati, secondo la sensibilità estetica dei brand con cui mi rapporto. Per Acqua Dell’Elba ho realizzato delle illustrazioni con dei video che mostravano il work in progress, il tutto ispirato ai profumi e al mare dell’Isola d’Elba.

Sì, sono sarda e amo tutto ciò che è naturale perché sono cresciuta in mezzo alla natura, anche un po’ aspra, e di conseguenza amo il mare anche quando il maestrale muove forte le onde, quando la sabbia diventa roccia e più dura sotto i piedi, quando le alghe ricoprono la riva, per esempio. Amo il contatto con tutta la natura un po’ selvaggia, perché mi permette di riconnettermi meglio con me stessa e con l’universo. Non amo le grandi spiagge affollate, ma preferisco le calette o i paesaggi più deserti in cui si fanno spazio la flora e la fauna imponenti e indisturbate con i loro suoni e profumi.

Scorrendo attraverso i tuoi lavori, non si può fare a meno di isolare il filo rosso che li attraversa, e cioè la presenza costante di corpi, forme e volti femminili. Cosa vorresti che raccontassero a chi li osserva?

Esistono nella mia arte diversi temi ricorrenti, nei quali sento di riuscire a muovermi in maniera naturale e disinvolta perché sono temi che appartengono in qualche modo alla mia sensibilità, come il tema del femminile, dei fiori, degli animali e dei sogni.


Altre volte invece, ci sono dei lavori che parlano chiaro per lanciare un messaggio come per esempio l’ultima opera in legno che ho realizzato dove sono presenti tre donne con scritto “If not friends, supporters!” che appenderò all’ingresso del mio salotto, perché mi piace l’idea di infondere a chi entra un messaggio positivo per le donne verso le altre donne che racconta che non dobbiamo essere amiche per forza ma dobbiamo supportarci. La gentilezza e l’empatia fanno sempre la differenza. Per me questo è un tema importante.

Ci sono artiste o artisti, del passato e del presente, a cui ti senti affine, che ammiri o che ti ispirano?

Assolutamente sì, e sono tantissimi. Mi ispiro molto alla pittura soprattutto del primo ‘900 ma in realtà mi ispiro ad ogni cosa che cattura la mia curiosità e sensibilità secondo il mio modo di essere e percepire il mondo. Può essere un oggetto, una persona, un movimento, un colore, una situazione, un libro, un film… Qualunque cosa senza limiti può ispirarmi. Ho sempre le antenne in funzione per essere ricettiva.

Conciliare l’andamento poco prevedibile di quella marea che è la nostra creatività con i tempi e le scadenze del mondo reale, e le consegne da rispettare, è una delle difficoltà da mettere in conto quando si fa della creatività il proprio mestiere. Tu cosa fai quando l’ispirazione si nasconde? Hai messo a punto nel tempo delle abitudini o delle tecniche che ti aiutano a rimettere in circolo il flusso creativo?

Quando la creatività diventa una professione significa che di conseguenza il tuo cervello è allenato a trovare soluzioni. È questione di ricerca ed esercizio costante che non deve assolutamente mancare nella quotidianità. Possono esserci dei giorni in cui si è più sottotono naturalmente, e allora è bene mettere in pratica diversi esercizi. Ognuno ha i propri, possono essere molteplici. Banalmente, un esempio a caso può essere il guardarsi attorno e analizzare ciò che si vede. Se non si vede nulla, spostarsi un po’ più in là o guardare fuori dalla finestra. Ma è solo un esempio fra tanti…

Guardandoti indietro, che consiglio daresti alla Giulia di 10 anni fa? E quale consiglio vorresti dare ai giovani artisti e alle giovani artiste che stanno per iniziare un percorso simile al tuo?

Consiglierei alla Giulia di 10 anni fa, di non avere paura. Siamo sempre “bloccati” per paura di sbagliare perché la società ci insegna che sbagliare è quasi una tragedia e l’errore di quel momento determina la nostra persona. Ma non è così. Sbagliare fa parte di un percorso prezioso e di un bagaglio importantissimo di esperienze che soprattutto nel campo artistico è fondamentale perché determina un’evoluzione e una crescita. Pensavo di non essere all’altezza di molte cose, per esempio espormi sui social per lavoro, ma provandoci e sforzandomi mi sono spesso sorpresa di me stessa e ricreduta. Ogni tanto quello che faccio funziona benissimo, ogni tanto funziona meno, e va bene così, non c’è nulla di male. Non siamo robot e non possiamo essere sempre al top. La cosa fondamentale è dare sempre il massimo e andare avanti con la voglia di migliorarsi dimostrando sempre impegno e professionalità. Uno dei consigli più preziosi che dò ai giovani è un consiglio soprattutto a livello umano: imparate a essere selettivi e frequentate le persone giuste. Circondatevi di persone che credono nelle vostre passioni e appoggiano quello che voi amate e che vi fa stare bene. Cercate persone stimolanti e più brave di voi che vi permettano di imparare da loro… Persone che prima di tutto fanno, e che poi vi spronano a fare, valorizzandovi e supportandovi sempre. Se attorno a voi avrete questa energia, assieme allo studio, l’impegno e la costanza, qualcosa di bello e importante verrà fuori sicuramente.

 

Potete trovare i lavori di Giulia Sollai sul suo sito e sul suo profilo Instagram.

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