- 8 Agosto, 2024
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Gente di mare
Livorno: essere porto, essere approdo
Il porto: un interregno tra mare e terra
Ho cominciato a lavorare al porto di Livorno da poche settimane. Ho avuto una vita strana, fatta di contraddizioni, di studi lasciati e poi ripresi, di una carriera musicale mai del tutto decollata. I miei genitori non sono toscani e sono essi stessi il prodotto di mille innesti diversi; la mia personalità è sempre stata un puzzle i cui pezzi si sono incastrati un po’ a forza, dopo essere stati aggiustati con le forbici. Sento dunque profondamente che un porto, il luogo della mescolanza per definizione, sia per me l’approdo più naturale. Del resto, niente come un porto simboleggia l’incontro degli opposti, del mare e della terra, di ciò che è separato eppure potenzialmente vicino. Lavorando al porto, la sensazione è che esso stesso finisca per essere un luogo assolutamente a sé stante, non ancora “mare” ma già non più “terra”: un interregno, dove vive una confusione a tinte forti ma dalla netta e distinta personalità, che facilita la commistione di merci, storie, esseri umani.
La storia unica di Livorno e del suo porto
Se ogni porto ha in sé le caratteristiche del luogo di scambio, quello di Livorno può vantare una storia assolutamente unica, che ne enfatizza la vocazione. Fino alla fine del XVI secolo, infatti, l’agglomerato consisteva di poche case di pescatori, non lontane dall’unico punto di interesse, la Fortezza Vecchia. Con l’avvento della dinastia dei Medici e il progressivo interramento di Pisa, si rese necessario costruire ex novo un porto che potesse garantire un afflusso di merci all’altezza delle ambizioni della Firenze rinascimentale. Livorno è dunque, fondamentalmente, una città costruita “a tavolino” su impulso dei Medici; il modo che questi hanno usato per popolarla è ciò che segnerà in maniera indelebile la sua storia. Priva, infatti di un’autentica popolazione autoctona, per stimolarne la crescita demografica dall’esterno Livorno venne dichiarata porto franco, con particolari esenzioni fiscali; soprattutto, tra il 1591 e il 1593 Ferdinando I de’ Medici emanò le cosiddette “leggi livornine”, che in buona sostanza concedevano l’immunità per i debiti ed i delitti precedenti al trasferimento in città, e soprattutto la libertà di professione religiosa e politica. Un vero e proprio unicum all’epoca, specialmente in un momento in cui l’Europa stava per incendiarsi nella Guerra dei Trent’anni.
Il mare come elemento di apertura e cosmopolitismo
Livorno è una città che dunque nasce nella completa identificazione con il suo porto, e la cui popolazione è, almeno inizialmente, composta quasi totalmente da marinai, lavoratori portuali, e mercanti: gente di tutte le nazioni, anzi Nazioni, come cominciano a essere chiamati i vari gruppi etnici di cui si compone l’abitato. Ebrei spagnoli e portoghesi, Armeni, Turchi, Persiani, Greci, e poi con gli anni anche Inglesi, Olandesi, “Alemanni”; un mix che invece di essere esplosivo collabora, portando Livorno a diventare uno dei porti più importanti del Mediterraneo almeno fino al 1800. La presenza di questi popoli, così diversi, lascia profondi segni nella geografia e nella cultura livornese. Esempio macroscopico è l’assenza di un ghetto, con gli Ebrei che potevano risiedere non separati dal resto della popolazione, o la presenza di edifici di culto e cimiteri ortodossi e protestanti; ma importanti elementi di chiara importazione si ritrovano anche nella cucina, con l’onnipresenza del pomodoro di evidente derivazione ebraica e il notissimo ponce, cugino del punch britannico.
Cosa resta:
Livorno tra presente e futuro
Pur restando tra i porti più rilevanti d’Italia per merci movimentate, Livorno ha oggi l’aspetto di una città che attraversa ormai da decenni un certo ridimensionamento, che è anche demografico. L’assenza di attrazioni turistiche particolarmente note al grande pubblico ha certo allontanato Livorno dai grandi afflussi di visitatori tipici di altre città toscane; questo ha però anche in qualche modo preservato la sua unicità e la sua atmosfera, che trasuda ancora oggi una certa leggerezza ed un’apertura certo figlie del cosmopolitismo su cui Livorno è stata fondata. In un certo senso, Livorno e il suo porto non hanno tradito le loro radici, riuscendo per adesso a evitare che l’essere un luogo di incontro si trasformi nell’essere solo un luogo di passaggio, privo di personalità e destinato ad essere dimenticato in fretta: un’eredità di cui sono fiero di essere una piccolissima parte.
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