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20 Nov 17:30

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Vita di Mare - Isola d'Elba

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Collaborazioni

Il mare non mappato delle emozioni umane: in dialogo con Cristina Sammarco

Simbolo archetipico e veicolo espressivo: il mare non smette mai di guidarci e di tradurre per noi emozioni immediate o complesse. Abbiamo chiesto a Cristina Sammarco di parlarci del suo di mare, quello interiore.

Si dice che la creatività sia una virtù intrinseca dell’essere umano, che tutti noi abbiamo dentro un fuoco creativo che alimenta il nostro stesso funzionamento. Quel che è certo, è che alcuni di noi sono più in contatto con la propria forza creativa, e imparano a comprenderla e incanalarla con l’aiuto di talento, esercizio, ricerca e intuito. La coltivazione e riscoperta del proprio spirito creativo è un percorso che può durare una vita intera, e probabilmente non ne esistono due uguali.

Quello dell’artista Cristina Sammarco, per esempio, parte da Parigi, dalla casa dei suoi nonni paterni, dagli studi di ingegneria, e da una graduale riscoperta del richiamo primigenio del mare, che nelle sue opere acquista il ruolo di portale tra il paesaggio esterno e quello delle emozioni umane.

Inizia così un viaggio nella celebrazione della forza archetipica e creatrice del mare, che ha portato quest’anno l’artista a realizzare una collaborazione molto speciale. Ci siamo seduti con Cristina Sammarco per parlare insieme del suo percorso di artista e insegnante, sulle cartografie interiori, e sul cercare e (ri)scoprire la propria cifra espressiva.

Da ingegnera ad artista mix-mediale, che lavora sul concetto di marino e di Mediterraneo: chi è Cristina Sammarco, e come è avvenuta la scelta che ti ha condotta a dedicarti alla ricerca, all’insegnamento e all’espressione artistica?

Tutto è nato molti anni fa, nel bagno di servizio dei miei nonni paterni, dove mi rintanavo per ore a disegnare… Poi si cresce e a volte si dimenticano i talenti, quelli semplici, di quando sei piccolo. Il percorso è stato lungo e non sempre lineare, spesso ho seguito l’insoddisfazione, ma alla fine sono riuscita a ricordarmi di ciò che mi rendeva felice e così sono approdata alla pittura e alla creatività a tutto tondo. Da piccola il mio personaggio preferito era Archimede e volevo fare l’inventore, come lui. Un po’ mi sembra di esserci riuscita: lo sento ogni volta che sperimento un medium diverso o mi lancio in un nuovo progetto. La ricerca e l’espressione fanno quindi parte di questo approdo, mentre l’insegnamento è sempre stata un’attività parallela, da quando avevo 18 anni. All’inizio lo facevo per arrotondare con le ripetizioni, poi sono entrata nel mondo della scuola, insegnando materie artistiche. È un lavoro da cui si apprende molto, grazie al rapporto con i ragazzi: insegna a essere generosi e mettersi in discussione, caratteristiche fondamentali anche nel lavoro artistico.

Considero entrambi i miei lavori una sorta di binomio alchemico, capace di farti crescere profondamente: ecco perché cerco di continuare a tenerli insieme.

Sei nata a Parigi, ma hai deciso di vivere vicino al mare, in particolare il mare che circonda l’Isola d’Elba: come hai compreso che quello era il luogo per te?

Anche qui, ho cercato di togliere anziché aggiungere, di tornare all’essenza, al mio essere bambina… E lì c’era l’Elba ad aspettarmi.

A che punto hai capito che sarebbe stato il mare il veicolo della tua espressività, e che avrebbe definito la tua cifra stilistica?

Nel 2012, sono tornata per un anno al nord, per insegnare pittura in un’Accademia a Brescia. In quell’anno la mia attività artistica proseguiva, sempre in parallelo, e il soggetto era sempre lo stesso: il mare. Lì compresi davvero che il mio mare è interiore, e ovunque io viva creo paesaggi interiori che del mare hanno le sembianze, ma in realtà sono altro. In quell’anno, un curatore d’arte per me speciale, Roberto Borghi, scrisse sul mio lavoro delle parole precise e illuminanti: Nei dipinti di Cristina il mare è presente in maniera il più delle volte esplicita, altre volte implicita, comunque e sempre indubbia: ma non è il loro soggetto. Se c’è qualcosa che queste opere intendono rappresentare è piuttosto una forma di intimità con se stessi, uno sprofondamento nel proprio io che riesce a non farsi abissale, una condensazione di sentimenti che solo in alcuni casi ha un aspetto cristallizzato, salino, mentre di solito permane in uno stato fluido, liquido. Il mare, nella pittura di Cristina, è all’incirca un filtro, un ambito in grado di distillare gli stati di grazia, di permettere che la vita raggiunga il suo zenit.”

In occasione di SEIF, Sea Essence International Festival, in programma per il 30 giugno, hai collaborato con la Fondazione Acqua dell’Elba ad un’edizione limitata dell’iconico profumatore di ambienti del brand. Il progetto è stato pensato per rendere omaggio al mare che ci circonda, custode della nostra cultura e delle nostre radici, per il quale è stato utilizzato un dettaglio di uno dei tuoi collage della serie Mediterraneo. Puoi darci qualche ulteriore anticipazione su questo progetto?

L’intenzione di collaborare con Acqua dell’Elba per la creazione di un profumatore in omaggio al mare era nell’aria da un po’ di tempo, si trattava di trovare l’immagine che “parlasse”… È seguito un periodo di confronto costante, che ci ha consentito di riuscire nell’intento. Anche in questo caso, il mare del collage è filtrato dalle emozioni ispirate all’isola d’Elba, luogo da cui parte anche l’avventura di Acqua dell’Elba.

Esplorando i tuoi lavori, troviamo Carte Blanche, una cartografia emozionale del mare: una ricerca visiva sulle relazioni tra l’elemento archetipico e l’interiorità, in cui hai ibridato la pittura con altre tecniche, tra cui la grafica e il ricamo. Che cosa ti ha rivelato sulle emozioni umane questa indagine sui moti marini?

Il progetto era ambizioso e in un certo senso in progress.
Volevo tracciare un parallelo tra i moti marini, le textures del mare, i colori e le emozioni. Sulla carta sembrava un approccio quasi scientifico, poi quando ho iniziato ad indagare le mie emozioni in rapporto ai colori e alle trame del mare, sono rimasta stupita da ciò che è emerso.
Succede così ogni volta che entri in profondità nell’espressione artistica, ti prepari per un viaggio, ti incammini, e poi questo viaggio si rivela essere qualcos’altro, non per questo meno interessante. È la potenza del fattore accidentale, del caos, come direbbe Francis Bacon. Sono entrata nell’emozione della rabbia, del maestrale dai colori severi e definiti, così come dell’accettazione, dalle trame del mare quando è scirocco, con i suoi toni di verde. Suona ambizioso, e non è uno dei miei progetti più conosciuti probabilmente, ma attraverso questa sperimentazione sono avvenute  anche altre cose, e i miei lavori successivi ne hanno tenuto traccia.

A cosa stai lavorando in questo momento, e quando potremo vederlo?

Sto continuando a lavorare sui collages in carta vetrata, che mi danno una sorta di felicità fisica di cui sento il bisogno. In parallelo, prosegue la mia ricerca sul colore, sia con esperimenti su opere di colore-luce (light boxes e collages in trasparenza), e materiali nuovi iridescenti, che con la progettazione di un’installazione di light art che agisce come filtro nella visione del paesaggio dell’Arcipelago Toscano. Si tratta di un progetto in lavorazione, che spero di potervi mostrare presto.

Intervista di

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