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20 Nov 17:41

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Collaborazioni

Fissare la bellezza per un istante: un racconto per immagini ed emozioni. Intervista con il fotografo Roberto Ridi

Vivere circondati dal mare e dalla luce, elementi in mutazione costante, come lo siamo noi. Mettersi in relazione con l’ambiente e con l’umano alla ricerca di una vera connessione, sempre più difficile in tempi di caotica accelerazione. Ci sono dei momenti in cui – solo per un attimo, tra i più preziosi – percepiamo lo stupore e la gratitudine dell’essere vivi: succede quando siamo al cospetto della bellezza, di un paesaggio, di un volto, di un incontro. E l’attimo dopo nasce il desiderio di un racconto, per lasciare traccia, per interconnettersi.

Ne ho parlato con Roberto Ridi: narratore per immagini che ha fatto di questo desiderio la sua professione di fotografo. Elbano d’origine, Roberto esplora l’emozione della bellezza, cercandola nella vita e vitalità del mare, nella Natura e nell’uomo. Da oltre trent’anni, il suo lavoro lo ha portato a fare esperienza del mondo per trovare il suo sguardo, e restituire il suo personale racconto, fissando questa emozione nell’eterno istante dell’immagine fotografica.

Tu nasci isolano, circondato dal mare fin da subito, una condizione sensoriale stra-ordinaria che non tutti hanno l’occasione di vivere. Che impatto e che influenza ha il mare nella tua narrazione per immagini?

Sono nato circondato dal mare, su  un’isola crocevia di genti, luogo di incontro e di nuove esperienze. Il mare ha influenzato il mio essere interiore e quindi la mia fotografia in termini di voglia di conoscenza, nuove esperienze, incontri. Mi ha insegnato a non fermarmi sulla superficie ma a spingere la mia narrazione sempre più in profondità alla ricerca di quella condivisione interiore che è l’essenza della fotografia stessa.

Il Mediterraneo, e il mare in generale, non è solo un paesaggio, un ambiente naturale. Ma un sentimento. Puoi scegliere una tua foto che - nel tuo immaginario - esprime al meglio questo sentimento e raccontarcelo?

La danza delle onde. E’ la mia rappresentazione della forza e della bellezza di questo Elemento, materia liquida inarrestabile. Il contrasto tra la potenza e la fragilità di un’onda che senza vincoli di forma appare come fantasia in libertà.  Il mare è contraddizione capace di infondere serenità ma incutere rispetto, è delicato ma possente, dalla trasparenza della superficie allo scuro delle sue profondità è simile all’animo umano.

Qual è l’emozione che ti anima e che ti spinge a fotografare? Quale essenza vuoi catturare in quell’attimo?

La fotografia è personalmente una forma di attrazione verso un soggetto, spesso scatenata dalla luce che lo definisce o lo plasma; è una sorta di alchimia sensitiva che si instaura tra me e il soggetto sia esso un paesaggio umano o naturale, che si sprigiona con la lettura della luce. L’essenza è questo contatto dal quale nasce l’incontro.

La fotografia, la più iconica e straordinaria, ci rapisce e ci trasporta dentro l’immagine, in un mondo di cui riusciamo a percepire i suoni e gli odori, il calore o il gelo di una certa luce. Nelle tue fotografie di mare, se potessi per un attimo restituire a chi guarda una suggestione percettiva, quale vorresti che fosse?

Vorrei restituire la sensazione fisica di essere presente a fianco del fotografo per percepire con tutti i sensi il contatto di quel momento sospeso in uno spazio senza tempo.

Nella tua lunga esperienza di viaggi, reportage, esplorazioni fotografiche della realtà il paesaggio naturale e il “paesaggio umano” vanno di pari passo. Esiste ancora la traccia di un legame con la natura negli sguardi che incontra il tuo obiettivo? E se esiste, cosa ci racconta?

Trovo che l’uomo sia da sempre, anche inconsapevolmente, alla ricerca di un equilibrio con la Natura. In questo momento storico mi appare disconnesso dalla meraviglia più ricettivo al surrogato digitale della realtà che alla reale bellezza della quotidianità. Negli occhi di chi vive la semplicità è più facile ritrovare questa traccia primordiale ma il legame è presente anche negli occhi di chi è prigioniero della frenesia, è solo sopito ma pronto a riaccendersi non appena l’uomo torna a nutrirsi del contatto con la natura.

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Fonte: Roberto Ridi
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Fonte: Roberto Ridi
Fonte: Roberto Ridi
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