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Intervista a Marco Rossato: vincitore del Premio SEIF 2024

Marco Rossato è un esempio straordinario di determinazione e passione.  Primo navigatore paraplegico ad aver circumnavigato l’Italia in solitaria, ha dedicato  la sua vita a promuovere la cultura della vita in mare rendendola maggiormente  accessibile. Marco, infatti, lavora per abbattere le barriere architettoniche e offrire  opportunità a chiunque voglia avvicinarsi al mondo della vela. 

Con il recente conferimento del Premio SEIF 2024 Rossato continua a ispirare e a dimostrare che le sfide possono essere superate con coraggio e innovazione. In  questa intervista, scopriamo di più sulla sua incredibile storia, le sue passioni e i suoi  futuri progetti. 

Ciao Marco, grazie per essere insieme a noi in questa intervista. Potresti raccontarci di più sulla tua esperienza di circumnavigare l'Italia in solitaria e cosa ha significato per te come primo navigatore paraplegico a compiere questa impresa?

Sono nel mondo della vela da ben oltre 25 anni, le mie amicizie sono allargate e  comprendono grandi navigatori italiani e non solo. Come marinaio d’Italia, ho un  profondo rispetto per il mare e per chi, le imprese vere, le ha compiute. Forse è per  questo senso di rispetto che per prima cosa non mi sento di aver compiuto questa  grande impresa… sì, le quasi 2000 miglia da Venezia e Genova le ho percorse in  barca da solo e sì ho passato almeno tre momenti molto difficili in mare, e in almeno  una di queste dove c’è mancato davvero poco a perdere barca ed il suo skipper, ma  non mi sento di aver fatto la più grande delle imprese e capisco, però, per chi mi vede ‘da fuori’, possa sembrare essere una cosa straordinaria. 

 

Io mi sento ‘normale’, non vedo la carrozzina (voi vi guardate le scarpe per  camminare? – ride, ndr.) Inoltre da sempre, visto che dopo l’incidente con la moto mi  è stata data una seconda occasione per vivere comunque la mia vita in totale autonomia, è proprio su questo punto che mi batto per tutti. Vivere il mare come chiunque altro, che sia sulla spiaggia oppure in barca e si deve poterlo fare in totale autonomia perché è possibile, lo dimostro io e tutte le persone disabili che porto in mare fin dal  2005. Quindi è solo questione di volerle certe ‘vittorie’. 

 

Cosa ha significato per me il mio primo giro d’Italia? Beh… una bella conquista di  libertà in tutti i sensi e una migliore profonda conoscenza delle mie forze e quindi dei  miei limiti. E potete scommetterci, ho scoperto che i miei limiti sono molto più avanti  di quanto immaginiate… già prima ero zuppo di autostima, immaginatevi ora! Il bello  di quello che faccio a livello sociale, cioè facendo vivere le mie esperienze ad altri  che hanno una disabilità come la mia, o anche peggiore, ha fatto uscire il carattere a  molti e so che a queste tante persone, in un qualche modo, gli ho migliorato la vita.  Questo è il premio più bello di sempre.

Hai ricevuto il Premio SEIF 2024 per il tuo impegno nell'inclusività e nella promozione della vita in mare. Cosa rappresenta per te questo riconoscimento e quali sono i prossimi obiettivi per la tua associazione "I Timonieri Sbandati ETS"?

Beh, il riconoscimento è stato molto importante specialmente perché in questi ultimi  anni ho avuto modo di conoscere i fondatori dell’Acqua dell’Elba e so quanto bene  distribuiscono al territorio che non è solo in numero di dipendenti elevato, ma un  aiuto concreto a molte associazioni. Poi il premio ricevuto direttamente dalle mani  dell’Assessore alle infrastrutture della Regione Toscana Stefano Baccelli – che nel  tempo è diventato un caro amico – che si è prestato a salire a bordo per vedermi  all’opera, direttamente in mare, già nel 2023, è stato importantissimo perché ho mostrato cosa significa l’autonomia per le persone che hanno delle difficoltà motorie, e non sono necessariamente portatori di handicap. 

Essere scelti per un premio è sempre molto bello e gratificante, per me però è un  qualcosa in più: è ‘benzina’ per continuare a fare ciò che faccio e possibilmente  sempre meglio, offrendo, al contempo, opportunità ad altri meno fortunati come è  stato fatto con me molti anni or sono iniziando in quel di Sabaudia… 

I premi sono segnali che negli anni hai lavorato bene, abbiamo restituito alla  comunità molte opportunità che sarebbe andate perse. 

Il prossimo obiettivo è la realizzazione di una nuova imbarcazione dove andranno messe a frutto tutte le conoscenze tecniche e tecnologiche che abbiamo testato in questi anni. Parliamo di un’imbarcazione autonoma dal punto di vista energetico che non è poca cosa se pensate che nasce per lunghe navigazioni e in tutti i periodi dell’anno. 

Non è possibile? Ed invece il progetto e la dimostrazione che sì, si può fare, li abbiamo dimostrati nel 2023 quando io ed il mio caro amico e socio Igor Macera, – anche lui paraplegico come me – siamo partiti da Venezia percorrendo quasi 2000 miglia arrivando a Genova con un’imbarcazione di 10 metri, senza assistenza, con  l’unico motore entrobordo elettrico, senza alcun altra fonte di energia a bordo se non  quella accumulata o generata da un piccolo impianto fotovoltaico sul rollar a poppa. Ma questa nuova imbarcazione racchiude un cuore tecnologico molto avanzato, e ne  potremo parlare solo verso la fine del 2025. 

Non sarà solamente una barca a vela con motori elettrici, sarà una barca che non produrrà alcun inquinamento all’ambiente marino, sarà autonoma energeticamente  per tutta la vita di bordo, e non sarà semplicemente accessibile, ma sarà vivibile in completa autonomia anche da parte di chi è costretto a rimanere seduto sulla propria carrozzina. Questo la rende unica al mondo (almeno ad oggi).

La tua storia è iniziata con un viaggio ai Caraibi che ti ha fatto innamorare della vela. Come hai trasformato questa passione in una missione per abbattere le barriere architettoniche e rendere la vela più accessibile?

Ho avuto una grande fortuna a 24 anni, quella di ‘vincere’ un viaggio ai Caraibi visto  che un mio cliente di allora mi disse: “Vuoi andarci Marco? Io non posso, mi hanno  trovato dei calcoli ai reni e devo rinunciare al volo”. 

Ecco, nel giro di una settimana avevo fatto il passaporto ed ero imbarcato sul volo  che poi ha cambiato segnando tutta la mia vita. 

Il mio battesimo in barca a vela è stato in Oceano Atlantico e ricorderò per sempre  quell’esperienza. Al tempo ero ancora ‘abile’ o in piedi, come meglio volete dire, ed  ho vissuto quasi due giorni cavalcando onde immense (se paragonate a quelle del  Mediterraneo) seduto a cavalcioni sulla prua di uno dei due grandi scafi (era un  catamarano). Ricordo che nel momento in cui lo scafo scendeva, io con i piedi  riuscivo a sfiorare il pelo d’acqua mentre un momento dopo, con il salire sull’onda,  quando la prua usciva dall’acqua i miei piedi potevano arrivare fino a 8-10 metri… a  ogni discesa o salita il respiro andava all’unisono con tutto quanto. 

É stata magia pura, un incantesimo che non è mai sparito ma che anzi, con il  passare degli anni, è sempre più vivo che mai. 

In tutto questo, dopo l’incidente, ho ritrovato nella via del mare, tutta la mia  autonomia e libertà dopo mesi e mesi fra ospedali riabilitativi, e vivendo questa  esperienza non ho fatto altro che volerla condividere con molte altre persone che  avevano una disabilità come la mia. 

Hai parlato dell'importanza di creare ambienti sicuri, protetti e confortevoli. Come si riflette questo concetto nelle tue attività e nei progetti di inclusione che porti avanti?

In questo periodo della mia vita, sono molto richiesto… se devo essere sincero, su  questa cosa qui il bello arriva fino ad un certo punto. Ma è la notorietà a crearmi un  bel vantaggio: ovvero quello di essere ascoltato e non per sensibilità, ma per rispetto per chi è diverso. 

Da quanto ho realizzato di avere questa ‘forza’ dalla mia parte, unito poi che nel  frattempo mi hanno anche chiesto di farvi parte lavorativamente facendo consulenze  proprio ai porti e ai marina in tema di accessibilità attraverso la società MADEIT4A  (azienda che mi ha dato modo di sfogare la mia ‘inventiva’ progettando e realizzando  accessori per superare le barriere architettoniche in ambito nautico – una grande  sfida se consideriamo gli ambienti con agenti molto aggressivi e strutture sempre  diverse fra di loro), oggi sono supportato anche dai Saloni Nautici e da Confindustria  Nautica.

Tutto questo la metto tutta a disposizione degli altri. Quando non sono in  mare, giro con la mia auto per prendere parte agli eventi cercando di sensibilizzare sul fatto che di importanza e di necessità ne abbiamo tutti e in modo uguale.

Parto sempre con il raccontare le mie esperienze dirette: 

Vivo in barca tutto l’anno (ho una casa, ma in barca mi sento più ‘vivo’), e la vita in  porto – tolti i mesi di luglio e agosto – è vissuta da persone non certo giovani e le  difficoltà motorie, chi più chi meno, ne hanno tutti. E quelli che non hanno difficoltà  motorie? Beh… chi non si muove all’interno del porto senza attrezzature alle volte  molto pesanti, bombole del gas, cambusa ecc. senza utilizzare un carrello messo a  disposizione da ogni porto o marina? Ecco… iniziano da qui le criticità di un porto. 

Se si continua a pensare che risolvere un problema in tema di accessibilità, riferito solamente ad una manciata di persone in carrozzina che forse, nell’arco  della stagione potranno venire a fare visita o attività in porto beh.. questa ‘priorità’ sarà sempre mal gestita, perché l’amministratore del porto deve dare priorità alla  totalità degli ospiti e ciò prevede spesso uno slittamento degli interventi. 

Invece è ben diverso, parliamo di comfort: non di accessibilità, così non  penseremo ai 2-4 disabili che potranno venire al porto, ma penseremo a tutti in modo uguale anche perchè, diciamocelo, dove passiamo noi in carrozzina, a  cascata, passa bene chiunque!

C’è un’esperienza vissuta molti anni fa e che mi ha fatto ridere fino ancora ad oggi.. abbiamo le soluzioni sotto il naso e non le sappiamo leggere. Un ristorante nel quale andai a cena con amici, aveva due ingressi nella stessa facciata, una porta accanto all’altra. La porta principale aveva 3 scalini, mentre la porta accanto aveva una rampa con pendenza addolcita, che mi ha permesso l’accesso senza essere spinto da nessuno. Beh, prima di entrarci sono rimasto a guardare qualche minuto: tutti usavano l’ingresso con lo scivolo anziché fare gli scalini! Incredibile… andavano tutti dove a sensazione dava maggior sicurezza  e comodità di accesso! 

Oramai sono oltre vent’anni che fra me e molti altri amici con disabilità ci battiamo  per un mondo più confortevole e uguale per tutti anzi, in realtà portiamo avanti battaglie iniziate da molti altri prima di noi e le loro non erano facili come le nostre perché le battaglie più grandi erano culturali. 

Oggi abbiamo una grande fortuna: molto è stato fatto, e lo dimostra il giro d’Italia  dello scorso anno dove in ogni porto siamo sbarcati e abbiamo usufruito di ogni servizio a noi necessario in totale autonomia senza mai chiedere o aspettare mai nessuno, questa per noi è libertà! Come fai a non  continuare un percorso del genere e cercare di fare sempre meglio? In ultima,  speriamo di essere da esempio da molti altri giovani… 

Guardando al futuro, quali sono le sfide e i sogni che ancora desideri realizzare nel mondo della navigazione e dell'inclusività? Puoi darci qualche anticipazione sul progetto "Solo Atlantic" e sulla rivoluzionaria barca Together4A?

Il mio sogno nel cassetto inizia ad avere una certa età: era il 1998 quando ebbi il mio  battesimo in barca a vela. É da quella esperienza che iniziai a sognare di tornare ai  Caraibi in barca a vela e, visto che a me le cose semplici non mi sono mai piaciute, ero già convinto di tornarci in solitario. Caratterialmente rispecchio ogni particolare del segno dello Scorpione, ma sto anche molto bene in compagnia di altre persone. In barca ho navigato in entrambe le situazioni, ma è quando sono solo che riesco a dare il meglio di me. 

Purtroppo dopo poco tempo dal mio battesimo in mare, ho avuto l’incidente con la moto e questo ha rallentato e messo a dura prova ogni mio intento ma, come si dice, chi la dura la vince! Sono squattrinato, vivo con uno stipendio normalissimo e mi privo di tanti capricci (salvo i necessari per lavoro). 

Ho passato anni ad imparare a navigare e mi sono adattato a moltissime cose: alle volte forse troppo pericolose, se parto dal ricordare come mimbarcavo e sbarcavo di notte piena per raggiungere l’isola della Certosa, dove avviai la mia prima scuola vela – al tempo non c’era la fermata del traghetto e quando arrivavi con bassa marea, non avete idea di quali  peripezie dovevo affrontare per raggiungerla…

Nonostante tutto, con i miei pochi risparmi ho iniziato acquistando due derive, un gommone e mettendomi in prima persona a bordo delle barche per insegnare ad andare a vela verso altre persone con disabilità. Poi una scalata verticale: ho preso parte a un Mondiale a vela, diversi Campionati italiani, una collaborazione con un team di Coppa America nel 2005… sono stato socio di un cantiere navale e ho iniziato a partecipare a regate sempre più prestigiose, arrivando a timonare un maxi di  22 metri in legno per ben 50 tonnellate di stazza in uno dei circuiti più prestigiosi del pianeta: le Vele Storiche nelle quali (non dico il nome per rispetto), riuscii nel 2019 a battere una delle barche più prestigiose della Marina Militare.

Oggi, allo soglia dei cinquant’anni sono molto convinto dei miei mezzi, ho molta esperienza dalla mia (anche se in mare ogni rotta è un’avventura sempre diversa, dove gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo): ho migliaia di miglia sulle spalle in mare e in solitario, due Giri d’Italia (uno in solitario e uno in doppio), una reputazione credo bella e pulita e soprattutto mi sento circondato da professionisti e cari amici che condividono il progetto Solo Atlantic. A proposito, è naturale aver dato il nome alla prossima barca Together4All perché racchiude in modo sintetico il percorso del progetto stesso ovvero, un progetto fatto insieme a un team di professioni e amici per tutti, perché sarà un progetto che doneremo ad altri armatori che vorranno replicare la nostra nuova imbarcazione in divenire. 

Questa imbarcazione sarà infatti frutto dei miei quasi vent’anni spesi nel mondo del  fotovoltaico e oltre i 25 nel mondo della nautica.  Considerate che già ad oggi siamo in oltre 15 persone diverse a lavorarci. Il progetto include poi oltre 10 aziende del settore direttamente coinvolte. Non so se sono riuscito a trasmettere tutte le motivazioni ma per farla breve, all’inizio  lo stimolo era quello di raggiungere il mio sogno nel cassetto, mentre oggi è in secondo piano perché, la priorità è diventata quella di far provare ad altri le stesse emozioni che il mare mi dona ogni giorno della mia vita, e non smetterò mai di cercare questo  obiettivo. 

Personalmente non ho fondi a disposizione per questo enorme progetto, ma questo  non mi ha mai fermato: ogni obiettivo che ho avuto nella vita sono riuscito a vincerlo e non mi fermerò di certo stavolta.

Come ogni buon navigatore, sogno un viaggio in solitario ben più lungo di una  traversata oceanica, ma come ho sempre fatto nella vita, mi pongo obiettivi di  massimo livello e per poi costruirli e conquistarli negli anni, mattone dopo mattone. Per ora, vediamo di diventare il primo paraplegico ad attraversare l’Oceano Atlantico in solitario a bordo di un multiscafo e senza nessun generatore di energia a benzina o  gas ma con le uniche fonti che saranno sole, vento e acqua! Poi spero di poter  formare altri marinai e se un giorno ci sarà occasione per conquistare un altro  primato… di certo non mi farò pregare! 

Perché a noi Timonieri Sbandati, piace navigare oltre i limiti!

Scritto da

Redazione

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Courtesy of: Dario Boldrini
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